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Taranto-Città e Arte: le “Sirenette” di Francesco Trani

Taranto-Città e Arte: le “Sirenette” di Francesco Trani

di Daniela RUBINO – Direttore Tecnico di Agenzia di Viaggi e Turismo

Taranto, capitale dell’antica Magna Grecia è probabilmente stata la sede ideale del ‘mito delle sirene‘. Le sirene, citate nell’Odissea in cui si racconta che la maga Circe mise in guardia Ulisse dal loro pericoloso canto, sono state rappresentate nel corso dei secoli o come arpie o come donna-pesce ed il loro compito era di consolare le anime dei defunti col loro dolce canto alle porte dell’Ade o sugli scogli per attirare i marinai verso la morte.

In questa ultima versione le ritroviamo in sculture realizzate in cemento marino ad opera dell’artista tarantino Francesco Trani risalenti agli anni ′90. Il cemento marino rende il manufatto più resistente all’azione corrosiva dell’acqua e della salsedine. Le sculture-Sirenette di Taranto sono vere opere di ingegneria naturalistica, funzionali dal punto di vista estetico e paesaggistico. Inserite nel paesaggio naturale marino, le sculture diventano veri topos alternativi alle opere tradizionali della cultura pugliese, e le possiamo ammirare installate sugli scogli lungo il Lungomare della città di Taranto, nei pressi del molo Sant’Eligio, della Rotonda Marinai d’Italia e del castello Aragonese.

LEGGENDA

Secondo le leggende popolari la sirenetta “Skuma” (Schiuma) nel gergo tarantino allude al fatto che fu portata dalle onde. La storia è una variante di altre fiabe, tra cui “La Sposa Sirena” di Italo Calvino.

La fiaba tarantina racconta la storia di una coppia di sposi: un pescatore geloso e la bellissima sua sposa Sirena. Un pescatore torna a casa, a Torre “Municeddә”, una delle torri del Castello Aragonese, e la trova vuota, perché la moglie è andata a vivere con il re; ma il re si stanca di lei e la caccia. La sposa torna a casa e chiede perdono al marito, che pur amandola decide di ucciderla gettandola in mare. Le Sirene la salvano e la chiamano “Schiuma” e le insegnano le loro canzoni, quelle che inducono i marinai che le ascoltano a gettarsi fra le onde. Un giorno, perché la sposa Sirena possa riavere il suo pescatore, cantano: «E questo è il canto della luna piena, E questo è il canto della luna tonda, Se vuoi vedere la bella Sirena, O marinaio buttati nell’onda!». Il pescatore, pentito del suo gesto, si getta tra le onde, le Sirene vogliono trasformarlo in una conchiglia, lei cerca di salvarlo con un incantesimo: «E questo è il canto della luna piena, io ti conobbi in vita e fui ingrata, ora son diventata una sirena, ti salverò e sarò condannata». Il pescatore si salva e volendo recuperare la sua sposa, va nel bosco delle Fate, che gli dicono che può salvarla se porta loro il “fiore più bello” che hanno le Sirene. Il pescatore riempie la barca di gioielli, va dalle Sirene che, avide di gioielli, seguono la barca cantando: «E questo è il canto del sole di fuoco, La tua nave trabocca di gioielli, O marinaio, fermati qui un poco, Regalaci collane, spille, anelli», e si allontanano dalla loro casa. Il pescatore ruba il “fiore più bello”, le acque si alzano in un’onda mai vista, le Sirene muoiono annegate, una fata e la sposa Sirena a cavallo di un’aquila si salvano. Quando il pescatore torna a casa, trova la sposa che l’aspetta.

FRANCESCO TRANI

Francesco Trani, scultore e gelataio di professione, ha sempre voluto sostenere e valorizzare la sua città, Taranto, per la quale ha realizzato opere scultoree sparse nel contesto urbano, a cominciare dalle Sirene, che adornano tratti di scogliera in Mar Grande, alla famosa Ninfa Tarantina realizzata sfruttando un tronco di pino abbattuto presso la discesa del Vasto nel Borgo antico, Don Bosco presso l’omonima Chiesa, l’Amazzone in via Alto Adige ed la scultura Barack Obama dedicata al Presidente degli Stati Uniti d’America.

 

Foto di Ermina Grezzi concessa al Gruppo Facebook “Foto Taranto com’era”. “La sirenetta Schiuma” fotografa dalla Lega Navale in Mar Grande. Taranto – estate 2017. «Io son”, cantava, “io son dolce serena, /che ’ marinari in mezzo mar dismago;/ tanto son di piacere a sentir piena!» (Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio).

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